Multa annullata se non c’è risposta dalla Prefettura.

Ogni automobilista può presentare un ricorso al Prefetto in caso di multazione per violazioni al Codice della Strada. Questo metodo è spesso scelto per evitare le spese di un procedimento davanti al Giudice di Pace. La legge stabilisce che il Prefetto, dopo aver ricevuto la richiesta di annullamento della multa, deve pronunciarsi entro i termini stabiliti. Se non lo fa, il silenzio dell’amministrazione equivale ad accettazione del ricorso, portando all’annullamento della sanzione.
Tempistiche e procedura del ricorso al Prefetto
In Italia, il cittadino ha 60 giorni dalla notifica del verbale per presentare ricorso al Prefetto in caso di infrazione al Codice della Strada. Se il Prefetto non risponde entro i termini previsti, il ricorso è considerato accolto per silenzio-assenso e la multa viene annullata.
Il ricorso può essere presentato direttamente al Prefetto o tramite l’organo accertatore, come la Polizia Municipale. Se inviato al Prefetto, questi ha 30 giorni per richiedere la documentazione necessaria, mentre l’organo accertatore dispone di 60 giorni per trasmettere gli atti. Successivamente, il Prefetto ha 120 giorni per decidere e 150 giorni per notificare l’ordinanza. Se il ricorso è presentato tramite l’organo accertatore, i termini sono di 60 giorni per la trasmissione degli atti, 120 giorni per la decisione e 150 giorni per la notifica.
Il ricorso deve essere presentato in forma scritta, e può essere inviato tramite raccomandata, posta elettronica certificata o consegnato a mano. È fondamentale mantenere una prova di invio come attestato della correttezza della procedura. Il cittadino può richiedere un’audizione personale per esporre le proprie ragioni, ma ciò potrebbe sospendere i termini del procedimento, prolungando i tempi di risposta.
Non è corretto attendere passivamente la risposta dopo aver inviato il ricorso. Dopo i termini stabiliti dalla legge, si può considerare la situazione come favorevole e procedere tramite il Giudice di Pace, se l’amministrazione non si esprime formalmente.
È compito dell’organo accertatore trasmettere al Prefetto gli atti relativi al ricorso entro 60 giorni dalla ricezione, un passaggio cruciale per l’istruttoria del procedimento.
Conseguenze del silenzio del Prefetto
La giurisprudenza italiana ha confermato l’efficacia del silenzio-assenso nei procedimenti amministrativi. Se il Prefetto non emette una decisione entro i termini previsti, il ricorso è considerato accolto e la sanzione annullata.
Se l’ordinanza non viene emessa e notificata entro i termini stabiliti, il ricorso si intende accolto. Questo comporta l’annullamento automatico della multa, senza alcun pagamento necessario.
In virtù del principio di silenzio-assenso, l’inerzia dell’amministrazione entro un termine prestabilito equivale all’accoglimento della richiesta del cittadino. Questo principio è stato introdotto per combattere l’inefficienza burocratica e garantire risposte tempestive ai cittadini.
Per avvalersi del silenzio-assenso, è importante conservare tutta la documentazione relativa al ricorso, incluse le ricevute di invio o il protocollo di consegna, che dimostrano la correttezza della presentazione. In caso di contestazioni, tali documenti fungono da prova dell’osservanza delle scadenze.
Impugnazione di ordinanze notificate tardivamente
Qualora il Prefetto emetta un’ordinanza di rigetto oltre i termini previsti, il cittadino ha il diritto di impugnare l’ordinanza davanti al Giudice di Pace entro 30 giorni dalla data di notifica, contestando la nullità della sanzione per violazione dei termini procedurali.
Il silenzio-assenso rappresenta quindi un’arma per il cittadino nel difendersi contro multe ritenute ingiuste o gestite male. Non è raro che le amministrazioni comunali o la polizia locale tentino di riscuotere multe scadute, ma il cittadino può opporsi dimostrando di avere presentato ricorso e che il Prefetto non si è espresso nei tempi previsti.
Casi concreti di vittorie legali grazie al silenzio del Prefetto
In un esempio recente a Bologna, un cittadino ha ottenuto l’annullamento di diverse multe per infrazioni al Codice della Strada. Dopo aver presentato ricorso al Prefetto e non aver ricevuto risposta entro i termini, il Giudice di Pace ha riconosciuto l’efficacia del silenzio-assenso e ha annullato le sanzioni. La questione ha messo in evidenza una distorsione nel sistema che costringe i cittadini a rivolgersi al giudice per ottenere ciò che l’amministrazione avrebbe potuto riconoscere autonomamente.
Differenza tra ricorso al Prefetto e al Giudice di Pace
Il cittadino può scegliere tra due modalità di contestazione: il ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace. Il ricorso al Prefetto è gratuito e non richiede assistenza legale, mentre quello al Giudice di Pace può comportare costi e la necessità di un avvocato. Tuttavia, il ricorso al Giudice di Pace permette una maggiore discussione del merito della sanzione.
Se il Prefetto rigetta il ricorso, emette un’ordinanza-ingiunzione con la quale stabilisce una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’originale, più le spese di procedimento.
In specifiche circostanze, il cittadino può richiedere la rateizzazione della sanzione, presentando una domanda motivata. Sarà compito del Prefetto valutare la richiesta in base alla situazione economica del richiedente e alla gravità della violazione, considerando la rateizzazione una forma di tutela per chi è in difficoltà.
Ricorso in autotutela
In alcuni casi, l’automobilista che ritiene ingiusta la multa può presentare un ricorso in autotutela all’organo che ha emesso la multa, richiedendo l’annullamento per errori o vizi di forma. Tuttavia, l’amministrazione non è obbligata ad accogliere tale richiesta e gli sviluppi di questa azione sono più incerti rispetto a un ricorso al Giudice di Pace o al Prefetto.