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Papa Leone e la sua geopolitica attuale.

«Mai più la guerra!». L’invocazione è la stessa di Papa Francesco. Le sue parole segnano la continuità, ma imprimono anche un cambio di passo. Chiede la pace in Ucraina e a Gaza, con accenti nuovi. Evoca i crimini per i quali Putin è incriminato all’Aja: «I bambini tornino a casa». Si appella al cessate il fuoco nella Striscia, senza puntare l’indice, né dimenticare la liberazione degli ostaggi israeliani. È il segno di un Pontefice che affronta la complessità: la sua pace è «giusta» e duratura. In una vecchia intervista, è stato descritto l’atto di potere della Russia con l’invasione in Ucraina.

LA FERMEZZA

Mostra fermezza sui princìpi non negoziabili e uno stile diretto, ma non divisivo. Pragmatico, mediatore, missionario: la bussola resta il Vangelo, senza paura di nominare aggressore e aggredito. La presa di posizione è arrivata senza perdere tempo. Appena eletto, si è trovato con il mondo sul tavolo. Conflitti aperti, potenze in rialzo, religioni in tensione. Nessuna tregua. Il nuovo Papa dovrà decidere cosa significhi essere capo di una Chiesa universale in un pianeta multipolare, dove il potere si disperde e il consenso si conquista con chiarezza. Non basta più evocare la pace: serve indicare colpe, proteggere i deboli e curare le ferite, sapendo che ogni parola pesa.

L’EREDITÀ

Francesco ha spostato il baricentro fuori dall’Europa, nominando cardinali in regioni come Bangladesh, Mongolia, Siria e Singapore. Ha decentrato la Chiesa, volendola povera e profetica. Ma ha lasciato un’eredità complessa: dialoghi sospesi, mediazioni fallite, una diplomazia spesso ambigua. Il successore eredita questa rete globale e deve scegliere: continuità o svolta? Il primo banco di prova è l’Ucraina, dove si è parlato di «fratricidio» senza nominare specifici leader. Si è accusata la Nato di «abbaiare» ai confini. Alcuni ucraini non hanno perdonato l’equidistanza giudicata complice. Il nuovo Papa, definendo la guerra un’invasione frutto dell’espansionismo e un «male morale», potrebbe abbandonare una neutralità emotiva in favore di una posizione più netta.

I VESCOVI

Un altro fronte delicato è la Cina. L’accordo sulla nomina dei vescovi, rinnovato tre volte, ha incontrato critiche. Quando Pechino ha spostato arbitrariamente un vescovo, non ci sono state reazioni. Si dovrà decidere se proseguire con questa politica o cambiarla.

L’ISLAM

Il dialogo con l’Islam presenta continuità come nodo cruciale. Sono stati siglati accordi significativi, ma ci sono state omissioni sulle repressioni e persecuzioni. Il nuovo Papa avrà il compito di trovare un equilibrio tra rispetto per le altre religioni e difesa della libertà di culto. Negli Stati Uniti, le divisioni sono profonde, anche all’interno della comunità cattolica, con una critica alla gestione di temi bioetici. Hanno preso piede reti parallele di comunicazione e sostegno. L’America rimane centrale per denaro, vocazioni e peso politico, e il nuovo leader dovrà ricucire senza cedimenti.

L’ESPERIENZA

L’Africa rappresenta un’altra sfida. Qui la Chiesa cresce, ma spesso rimane invisibile per Roma, mentre si affrontano guerre dimenticate e crisi ambientali. I missionari stanno agendo in modo straordinario. Il nuovo Papa, con la sua lunga esperienza sul campo, potrebbe dare all’Africa il ruolo centrale che merita. È stato un Papa delle periferie, rompendo con l’eurocentrismo e avviando relazioni significative. Tuttavia, ha dovuto affrontare critiche e divisioni. Sarà fondamentale per il nuovo leader decidere quali ponti costruire e quali lasciar crollare. Con conflitti e tensioni globali, la Chiesa non può essere solo una voce per tutti, ma deve affermarsi come coscienza per molti. Bisognerà trovare un modo per pesare la voce cattolica nel mondo in cambiamento, emulando l’approccio di Giovanni Paolo II.


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