Chi è Robert Francis Prevost, primo papa americano?
Alla quarta votazione, i cardinali riuniti nella Cappella Sistina hanno scelto un cardinale statunitense come nuovo pontefice, noto per la sua attenzione alle comunità locali, segnando una forte continuità con Papa Francesco.
«Habemus Papam»: il nuovo pontefice sarà Robert Francis Prevost, con il nome di Leone XIV. È il 266esimo successore di Pietro ed il primo papa statunitense della storia della Chiesa. L’annuncio è avvenuto intorno alle 19.15.
La visione della Chiesa di Leone XIV, vicina agli ultimi e aperta, lo pone in continuità con Bergoglio. Il suo motto episcopale è «in Illo uno unum» (nell’unico Cristo siamo uno), richiamando l’esposizione di Sant’Agostino sul salmo 127, che evidenzia l’unità dei cristiani in Cristo.
Chi è Prevost
Leone XIV, nato a Chicago nel 1955, è unione di rigore dottrinale, compassione pastorale e visione missionaria del Vangelo. Dopo essere divenuto sacerdote nel 1982, ha servito come parroco in Perù, accumulando un’esperienza pastorale significativa in un contesto culturale e sociale diverso. Tornato negli Stati Uniti come provinciale della provincia agostiniana locale, è stato nominato vescovo di Chiclayo nel 2014 e, nel 2020, amministratore apostolico della diocesi di Callao.
La sua nomina a Callao è stata delicata, poiché la diocesi era precedentemente governata da un ecclesiastico vicino a correnti conservatrici. L’allontanamento del suo predecessore ha suscitato polemiche tra i gruppi tradizionalisti, ma anche critiche dovute a tensioni con una Chiesa impegnata in favore delle persone più vulnerabili.
La stima per Prevost ha trovato conferma nella sua nomina nel 2023 come prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, ricoprendo un ruolo cruciale nel processo di selezione e supervisione dei vescovi a livello globale.
La sua visione della Chiesa si allinea a quella del suo predecessore: «Il vescovo è un pastore vicino al popolo, non un manager. Dobbiamo comunicare la bellezza e la gioia di conoscere Gesù».
La sua visione
Durante il cammino sinodale, ha riflettuto sulla necessità di una Chiesa più inclusiva, affrontando anche il dibattito sull’ordinazione femminile, sostenendo che la clericalizzazione della donna potrebbe non risolvere il problema, anzi, creerebbe nuove difficoltà. Ha evidenziato l’importanza di un servizio che veda la Chiesa universale come presente nelle singole chiese locali, lavorando per una maggiore comunione.
Le sue parole riflettono una visione della Chiesa come comunità unita, aperta al dialogo e radicata nella speranza, auspicando un mondo di pace, specialmente in luoghi afflitti da conflitti e ingiustizie.