«Arrestato un primario dell’ospedale di Piacenza per abusi su dottoresse e infermiere del suo reparto»
Nella mattinata del 7 maggio, la polizia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Piacenza, arrestando un noto medico primario dell’Ospedale Civile di Piacenza, indagato per violenza sessuale aggravata e atti persecutori. Contestualmente, è stata effettuata una perquisizione nei luoghi di lavoro dell’arrestato per proseguire con gli accertamenti.
Le indagini, delegate alla Squadra Mobile di Piacenza, sono state condotte anche attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, rivelando un inquietante scenario all’interno dell’ospedale. Il primario, sottoposto agli arresti domiciliari, ha sistematicamente perpetrato atti sessuali ai danni di dottoresse e infermiere del suo reparto. Le vittime, intimidite da possibili conseguenze lavorative o personali, subivano quotidiani abusi sessuali. In almeno due casi, la condotta è configurabile come atti persecutori, a causa della continuità degli abusi e del timore di ripercussioni nel caso in cui avessero tentato di sottrarsi.
In base alla polizia, il primario agiva come se le dipendenti fossero a sua disposizione anche sessualmente, compiendo atti sessuali durante le normali attività lavorative. L’indagine è stata avviata grazie alla denuncia di una dottoressa, che aveva subito un’aggressione sessuale all’interno dell’ufficio del medico, dopo aver chiesto un incontro per discutere delle ferie. Durante l’incontro, era stata chiusa a chiave e costretta a subire atti sessuali, interrotti dal casuale arrivo di un collega.
Le indagini hanno permesso di raccogliere numerosi elementi a carico del primario per condotte simili verso altre collaboratrici, dimostrando che l’aggressione alla querelante non era un caso isolato. In un mese e mezzo di monitoraggio attivo, sono stati registrati 32 episodi di violenze sessuali, comprese rapporti sessuali completi e orali.
Il clima di forte omertà all’interno del Reparto ha reso le indagini complesse, portando diverse vittime a essere reticenti nell’esporre quanto stessero subendo. Una seconda dottoressa ha inizialmente denunciato gli abusi, per poi ritirare la denuncia per paura delle conseguenze. Molte delle vittime individuate hanno confermato gli abusi, ma si stima che solo una parte di esse abbia trovato il coraggio di parlare. Il primario ha abusato di quasi tutte le donne che entravano nel suo ufficio da sole, chiudendole nella stanza e bloccandole. Anche se ci sono stati rapporti consenzienti con alcune operatrici, la maggior parte delle condotte espresse erano di prevaricazione, evidenziate dalle riprese video e audio.
È emerso che l’indagato ha convocato una collega per sfogare la sua libidine, ignorando le resistenze delle vittime, che erano ormai in stato di prostrazione. L’ufficio del primario è diventato un luogo in cui il personale sanitario femminile doveva sottostare ad atti sessuali, una situazione sorprendente in un ambiente di alta professionalità.
Il primario era percepito come un uomo “potente”, sia per il suo ruolo sia per le sue “conoscenze”, creando una forte soggezione nel personale sanitario, timoroso di esporsi e dei possibili effetti sulla propria carriera. L’ambiente ospedaliero si è dimostrato gravemente omertoso, con le condotte del primario note a molti, che riferivano di come si vantasse delle sue azioni con colleghi, ricevendo persino consigli sugli atti sessuali da compiere.
Le violenze all’interno del reparto hanno avuto gravi ripercussioni sul benessere delle operatrici e dei pazienti, con il primario distratto dai propri impulsi sessuali e non concentrato sulle attività lavorative a lui affidate.