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Il governo non intende più realizzare un deposito unico per scorie nucleari.

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Durante un incontro, il ministro dell’Ambiente ha dichiarato che l’idea di costruire un unico grande deposito nazionale di scorie nucleari è stata scartata dal governo. Ha spiegato che sarebbe «illogico a livello di efficienza» fare viaggiare quotidianamente rifiuti nucleari sulle strade italiane. Ha quindi suggerito l’idea di costruire più depositi o di sfruttare i 22 siti temporanei già esistenti, contrastando un lungo e discusso processo tecnico e politico di oltre 20 anni.

Dopo il referendum del 1987, che portò alla chiusura delle centrali nucleari in Italia, si cominciò a discutere del destino delle scorie nucleari prodotte fino ad allora, oltre a quelle generate annualmente da attività industriali e mediche. Nel 2003, il governo indicò Scanzano Jonico in Basilicata come luogo per un grande deposito, per allinearsi alle indicazioni europee, formalizzate con una direttiva nel 2011.

La popolazione si oppose con proteste, portando il governo a ritirare il decreto. Iniziò quindi un lungo processo partecipativo per determinare il sito più adatto, affidato a Sogin, la società pubblica responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi. Fu avviata una ricognizione tecnica che escludette aree a rischio di alta densità abitativa, terremoti e frane, oltre a siti Unesco e aree protette.

Nel 2015, si definì una mappa di aree potenzialmente idonee, mantenuta segreta fino a gennaio 2021, quando venne svelata per la prima volta. In totale, furono identificate 67 aree, seguite da una lunga consultazione pubblica con enti locali e abitanti, che portò a una mappa di 51 aree idonee.

Il governo promise compensazioni economiche, ma non si registrò alcuna autocandidatura tra i comuni. Alcuni organizzatori di manifestazioni emersero contro il deposito nazionale. Nel 2023, Trino Vercellese presentò l’unica autocandidatura, pur non rientrando tra i luoghi idonei a causa della vicinanza al fiume Po. Il sindaco si dichiarò disponibile poiché da decenni la città ospita scorie nucleari, ma poi ritirò la candidatura in seguito a proteste locali.

Da quando è stata istituita la nuova presidenza del Consiglio, la selezione per il deposito nazionale è proceduta lentamente. Il ministero ha richiesto informazioni a Sogin per gestire la lista delle aree idonee, ora in fase di valutazione ambientale strategica. Il piano di realizzare il deposito entro il 2025 è quindi slittato.

Il ministro ha recentemente accennato all’idea di costruire tre depositi, uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud, oppure di utilizzare quelli esistenti. In Italia, i depositi temporanei che immagazzinano rifiuti radioattivi si trovano in ex centrali nucleari, centri di ricerca nucleare e centri di gestione rifiuti. Questi siti comprendono ex centrali in diverse località italiane e impianti di ricerca sul ciclo del combustibile.

La costruzione di un deposito nazionale era proposta anche per ridurre i costi sostenuti dallo Stato per conservare le scorie, stimati in circa 60 milioni di euro all’anno per lo stoccaggio all’estero. Un deposito nazionale sarebbe cruciale anche per un progetto di ripresa della produzione di energia nucleare nel paese, attualmente rimasto a livello di annunci.


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