Storia

Marzio Manfredini, eroe cremonese nella guerra d’Eritrea.

Il 1935 era un anno in cui, sulle pagine di un’importante pubblicazione, si cominciava a interrogarsi sugli eroi delle campagne militari in Africa, tra cui emergeva la figura di un giovane ufficiale cremonese. La sua memoria era legata alla caserma intitolata a lui dal 1904, un simbolo della presenza italiana nel continente africano, frutto dell’intento del governo di consolidare il dominio sulle terre eritree.

Aspirazioni colonialiste italiane

La politica coloniale italiana si iscriveva in una corsa più ampia delle potenze europee, desiderose di accaparrarsi i territori africani. La conferenza di Berlino del 1885 definì aree di influenza per le diverse nazioni, con l’obbiettivo di stabilire basi lungo le coste da cui avviare una penetrazione verso l’interno. In Europa, l’occupazione dell’Africa era vista come un dovere morale, alimentata da un’ideologia di superiorità che sosteneva l’esportazione di un modello di civiltà. Questo concetto trovava sostegno anche all’interno del mondo intellettuale italiano, spingendo l’opinione pubblica a giustificare l’intervento per portare progresso e civiltà in luoghi ritenuti barbarici.

Le aspirazioni coloniali italiane si orientavano verso una presenza limitata rispetto ad altre potenze già affermate, il che si traduceva in progetti modesti e in una scarsa capacità geopolitica. Tuttavia, vi era l’idea che il possesso di terre in Africa potesse fornire una via di fuga per l’emigrazione italiana, sempre più rivolta verso l’America. L’attenzione di Roma si concentrava sulla regione eritrea, con porti strategici come Assab e Massaua, e dalle località portuali si tentava di estendere il controllo verso l’entroterra, affrontando la resistenza delle autorità locali.

La politica coloniale italiana, sotto i governi di Francesco Crispi, si intensificò e portò all’ascesa della figura di Oreste Baratieri, che divenne governatore e responsabile militare della colonia. Durante la sua carriera, Baratieri si legò alla città di Cremona, dove fece amicizia con il vescovo Bonomelli, che lo incoraggiò durante le sue missioni.

Il ritorno di Baratieri in Italia, accolto come eroe per i suoi successi, faceva sorgere anche voci riguardo alla necessità di ulteriori risorse per fronteggiare il crescente potere etiope di Menelik. Tuttavia, l’esiguo bilancio statale ostacolava la sua richiesta di supporto militare. Le difficoltà di mantenere le posizioni conquistate in Africa erano amplificate dalla distanza dalla madrepatria.

Marzio Manfredini, eroe dell’Amba Alagi

Tra coloro che parteciparono alle operazioni in Eritrea, c’era Marzio Manfredini, ufficiale cremonese. Nato nel 1866, aveva avviato la sua carriera militare nella Scuola d’Applicazione d’Artiglieria di Torino, distinguendosi in battaglie come Adigrat e Agordat, dove ottenne riconoscimenti per il suo valore. Tuttavia, il suo destino si compì nella battaglia dell’Amba Alagi, il 7 dicembre 1895, dove affrontò forze nettamente superiori con coraggio. Nel corso dello scontro, le sue truppe furono sopraffatte, ma Manfredini resistette fino alla fine, cadendo combattendo.

La notizia della sconfitta fu accolta con sconcerto nella Camera dei Deputati, destando preoccupazione e interrogativi sulla reale capacità dell’Italia di affrontare le sfide nel Corno d’Africa. L’episodio di Amba Alagi, purtroppo, prefigurava già la disfatta di Adua nel 1896, segnando l’inizio di un periodo critico per la presenza italiana in Africa e conseguendo gravi ripercussioni politiche a livello nazionale.


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