Storia

La crescente bolla del riarmo in Europa: vincitori e vinti.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, in particolare dopo l’annuncio del piano “Rearm Europe”, gli indici relativi ai titoli delle società produttrici di armi hanno registrato un incremento significativo: l’indice generale del settore ha avuto un aumento del 126,7% dall’inizio dell’anno, rispetto al 59% dello S&P 500.

L’indice dei produttori di aerei e droni europei ha superato il 232,5%, tre volte l’incremento dell’indice americano equivalente. Tra le aziende europee, Renk Group ha guadagnato il 256%, Rheinmetall il 187%, Hensoldt il 180%; tutte società tedesche con grandi azionisti americani, rappresentati da BlackRock, Vanguard e State Street.

La guerra in Ucraina e il proliferare di conflitti nel mondo hanno portato a un massiccio impiego di fondi pubblici nel settore delle armi, creando una bolla finanziaria che potrebbe spostare il risparmio gestito globale dai grandi fondi Usa verso i mercati europei.

Questa situazione preoccupa l’amministrazione statunitense, che registra incrementi nei titoli finanziari e militari assai più bassi e teme una fuga di capitali dovuta a diversi fattori. Gli Stati Uniti attualmente hanno un debito federale di 37,5mila miliardi di dollari e manifestano segni di una crisi bancaria incombente, con un deficit commerciale di oltre 800 miliardi e un numero di grandi aziende sempre più ridotto. Inoltre, il dollaro ha perso quasi il 10% del suo valore rispetto all’euro negli ultimi due anni.

In questo contesto, l’amministrazione statunitense sembra puntare a scatenare guerre commerciali con vari Paesi, attraverso l’imposizione di dazi, e a incentivare conflitti per aumentare il prezzo dell’energia, ampliando l’influenza delle proprie aziende energetiche e aumentando la dipendenza dell’Europa dal greggio statunitense.

Attivare conflitti in Europa e altrove potrebbe riportare l’interesse degli investimenti europei verso le aziende statunitensi produttrici di armi. Una volta creata la bolla europea del riarmo, potrebbe essere possibile attirare i principali fondi “nazionali” verso i produttori statunitensi, trasformando gli Stati Uniti in un paradiso fiscale finanziario.

La situazione è complicata dall’adozione di un diciannovesimo pacchetto di sanzioni da parte dell’Unione Europea contro la Russia, che prevede in particolare divieti sulle importazioni di gas russo. I contratti di gas naturale liquefatto (Gnl) a breve termine saranno vietati entro sei mesi e quelli a lungo termine dal gennaio 2027. Il divieto di transazione esistente contro due importanti produttori di petrolio russi, Rosneft e Gazprom Neft, è stato inoltre inasprito.

Viene infine imposto un divieto di importare una variante del gas di petrolio liquefatto, che è attualmente utilizzata per aggirare le restrizioni sui Gnl. Gli europei stanno quindi chiudendo i legami con l’energia russa, che era più conveniente e si apprestano a dipendere per circa il 30% delle loro importazioni di gas dal Gnl prodotto dagli Stati Uniti, decisamente più costoso.

Le misure adottate dall’Unione Europea e quelle statunitensi avranno un impatto significativo sulle imprese italiane, costringendo a pagare l’energia dal 360% al 400% in più rispetto a quelle americane, una differenza ulteriormente amplificata dalla Legge di bilancio che prevede un aumento delle accise.

In conclusione, la commissaria responsabile della questione energetica è Maria Luís Albuquerque, che ha avuto un ruolo nel piano imposto dal Fondo Monetario Internazionale e fa parte del consiglio di Arrod Global Group, una società legata a fondi pensionistici statunitensi.


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