Natasha Stefanenko ricorda l’infanzia nell’URSS.

Un post in cirillico evoca nostalgia per i tempi passati nell’Unione Sovietica, attirando l’attenzione di chi guarda al comunismo con occhio nostalgico.
La protagonista condivide una foto del 1979, quando era una bambina nella gioventù sovietica, esprimendo una certa nostalgia per i “bei tempi” del comunismo, senza menzionare le restrizioni alla libertà.
“Cresciuta dietro il filo spinato”
«Sono cresciuta a Sverdlovsk-45, vicino a Sverdlovsk negli Urali (oggi Ekaterinburg). La mia città non esiste sulle mappe. Serviva un pass per entrare e uscire, in un luogo dove si costruiva un arsenale nucleare sovietico. C’era filo spinato, cani lupo e allarmi pronti a scattare». Una descrizione che suscitava domande sull’effettiva nostalgia.
Nonostante ciò, il post ha suscitato l’interesse di chi guarda con favore al comunismo, anche ai tempi di Stalin, richiamando memorie di una delle dittature più intense del ventesimo secolo. Dopo la caduta del Muro di Berlino, la protagonista si è trasferita in Europa.
Riflessioni nel post
«In questa foto indosso la cravatta rossa da pioniere — simbolo di appartenenza e ideali collettivi. Faceva parte della nostra uniforme scolastica e della nostra identità condivisa.
Lo scatto rappresenta un’epoca importante che ha influenzato il nostro modo di vivere.
Crescevamo in un mondo di sogni e speranze condivisi. Il pioniere era una figura di un grande progetto collettivo.
Non avevamo molto, ma l’immaginazione era ricca. Le vacanze si trascorrevano in campi estivi, cimentandosi nell’arte di vivere insieme.
La libertà era collettiva, non individuale, e sebbene oggi riconosciamo le criticità di quel sistema, molti ancora custodiscono quei valori nel cuore: solidarietà e resilienza.
Questo è un ricordo personale e una riflessione su un mondo che ha plasmato numerose vite. Ogni volta che lo rivedo, ricordo le mie origini e rifletto sul futuro.
P.s. Questo racconto è un ricordo personale. Il passato non può essere cambiato, ma può essere compreso.



