Rosa Parks: un cambiamento mondiale da seduta.

WASHINGTON – Si può cambiare il mondo anche semplicemente sedendosi, senza violenza, occupando un sedile di un autobus in Alabama e rifiutando di alzarsi. «Non volevo fare la rivoluzione, avevo semplicemente mal di piedi dopo una giornata di lavoro», disse una donna che, sessant’anni fa, avviò un importante movimento per i diritti civili. Era il dicembre del 1955, quando, dopo la sua giornata in un grande magazzino a Montgomery, salì sull’autobus che aveva preso tante volte. Aveva 40 anni e i piedi gonfi. Dopo essere salita dalla porta anteriore, si sedette su un posto libero in prima fila.
Sapeva benissimo che quelle erano le file riservate ai bianchi, mentre i neri dovevano sedere nella parte posteriore. Ma le facevano male i piedi. L’autista le ricordò questa regola, ma lei non si mosse. Alla fermata successiva, alcuni passeggeri bianchi salirono e le chiesero di alzarsi. Lei rimase ferma. Un poliziotto arrivò e, dopo un breve scambio, la fece scendere. Così, l’autobus arrivò al capolinea della storia.
Dal suo rifiuto di pagare la multa di 10 dollari e dalla sua condanna al carcere, iniziò un boicottaggio dei mezzi pubblici che durò 381 giorni, bloccando i trasporti e giungendo fino alla Corte Suprema, dove ogni forma di discriminazione razziale venne dichiarata incostituzionale, avviando una pacifica rivoluzione. La protagonista di questa storia, improbabile ma straordinariamente efficace, non era né sprovveduta né una professionista dell’agitazione.
La sua condizione di impiegata in un grande magazzino le conferiva uno status di classe media, superiore a quello di molti dei suoi coetanei. Era cresciuta in una famiglia rispettabile, ben educata e con una preparazione culturale. Aveva accettato per anni una vita condizionata da leggi ingiuste, vivendo nel profondo Sud dove i neri erano segregati e puniti severamente. Ma quella sera, aveva i piedi gonfi.
Alcuni storici possono dire che se non fosse stata lei a opporsi, qualcun altro lo avrebbe fatto. Ma il suo gesto, dettato dal dolore, divenne la fiamma che accese il movimento. A Montgomery, furono in molti a non perdonarle, minacciandola di morte, incendiando croci e costringendola a trasferirsi nel Nord. Lì, visse il resto della sua vita osservando gli eventi che seguirono il suo gesto. Vide assassinare attivisti e chiese, assistette all’ascesa di un giovane pastore fino al suo famosissimo discorso, fino alla sua tragica morte. Seguì con interesse l’evoluzione della lotta contro la discriminazione.
Visse anche il momento in cui l’autobus della storia fu acquistato per un museo dedicato, dove si riconobbe finalmente che «tutti gli uomini sono creati uguali». Scrisse libri, mantenendo sempre un profilo basso, evitando le luci della ribalta. Ricevette numerosi riconoscimenti, l’ultimo dei quali le fu conferito da un presidente, il quale sottolineò come il suo gesto avesse difeso i diritti di tutti. Lavorò per un deputato a Detroit, godendosi la vita con una posizione tranquilla, e si stupì di un furto nella sua casa, quando la risposta del ladro dimostrò quanto fosse lontana la sua personalità rispetto a quel giovane.»



