Il sogno di un moderno e prospero Regno di Napoli

Da figlio di locandiere a monarca, fu anche cognato di un famoso generale europeo avendone sposato la sorella. Coraggioso e audace, comandante di cavalleria, si distinse per il suo aspetto e per il suo impegno in una società segreta.
A pochi passi da una suggestiva piazzetta frequentata da turisti in cerca di specialità culinarie, **210 anni fa venne fucilato Gioacchino Murat, Re delle Due Sicilie**. Era il **13 ottobre 1815** e su un piccolo piazzale del Castello di Pizzo, l’intrepido generale di un noto condottiero venne messo **al muro**, diventando anche suo cognato dopo aver sposato una delle sue sorelle, da cui ebbe quattro figli.
Gioacchino Murat era **coraggioso, aitante e fiero, e desiderava confessarsi** prima di affrontare il plotone d’esecuzione. Le sue ultime parole, rivolte ai soldati dopo un processo rapido e pilotato, furono: «**Mirate al cuore, risparmiate il volto!**». Affrontò la morte con dignità, rifiutando di farsi bendare. I suoi ultimi pensieri erano per la moglie e i figli. **Una lapide marmorea**, ancora visibile sopra l’ingresso principale del Castello di Pizzo, ha un’iscrizione chiara che esprime i sentimenti dell’epoca: «Alla memoria benedetta del re Gioacchino Murat, principe glorioso, ne la vita impavido davanti la morte, qui dove fu fucilato questa pietra riscatto di un giorno reso tristissimo dalla ferocia di un governo insano il Comune di Pizzo pose».
**Gioacchino nacque nell’Occitania francese** da una famiglia modesta, il padre era locandiere. Grazie alla sua determinazione e fedeltà, **divenne Maresciallo dell’Impero e poi Re delle Due Sicilie** nel 1808, quando il celebrato condottiero trasferì il fratello sul trono di Spagna. Dimostrò capacità militari già durante la Rivoluzione, partecipando attivamente alla repressione di un forte movimento monarchico a Parigi. In quasi tutte le battaglie decisive che portarono alla formazione dell’Impero, le cariche di cavalleria guidate da Gioacchino si rivelarono determinanti. **Ad Austerlitz, a Jena, a Eylau le sue cariche di cavalleria divennero leggenda**, sebbene alcuni lo giudicassero più coraggioso che stratega.
**Il condottiero apprezzava il coraggio di Murat**, nonostante alla fine di un periodo glorioso lamentò un tradimento, motivato dalla volontà di difendere il Regno di Napoli. Gioacchino, dopo una gioventù travagliata, tornò a farsi notare nel 1791 come soldato semplice. Due anni dopo già comandava un gruppo. Aveva idee rivoluzionarie, ma si unì a Napoleone durante la Campagna d’Italia, dove si distinse. **In Egitto fu nominato generale** e partecipò attivamente al Colpo di Stato del 18 brumaio 1799, che portò Napoleone al consolato. Intanto nacque l’amore per Carolina, che divenne sua moglie agli inizi del 1800. **L’ascesa di Murat seguì quella del condottiero**: divenne maresciallo dell’Impero nel 1804, poi Granduca di Berg, e infine **Re di Napoli nel 1808**.
Nella capitale partenopea, dopo la caduta dei Borbone, **Gioacchino cercò di guadagnarsi il favore del popolo** con provvedimenti volti a migliorarne le condizioni. Tra le sue iniziative, la costruzione di un esercito napoletano che inclusa molti contadini. La sua azione di governo fu fortemente influenzata dai princìpi della rivoluzione borghese: contrasto al potere dei baroni, vendita di proprietà religiose, realizzazione di infrastrutture, incentivazione dell’industria e liberalizzazione commerciale. Nel 1809 **introdusse il Codice Napoleonico**, che favorì profondi cambiamenti sociali, in particolare nel diritto di famiglia. Anche da sovrano continuò a sostenere il condottiero nelle sue battaglie, compresa la Campagna di Russia (1812). **Nel 1813**, dopo la sconfitta di Lipsia, Murat avviò un dialogo con gli Austriaci, cercando di distaccare il Regno di Napoli dall’Impero francese, culminando nel trattato di alleanza del gennaio 1814.
Nel maggio dello stesso anno il condottiero fu esiliato nell’isola d’Elba. All’inizio dei Cento Giorni, Murat **dichiarò guerra all’Austria** e invase lo Stato Pontificio, risalendo l’Italia. Gli Austriaci, sconfessando gli accordi precedenti, si allearono con il re e sconfissero ripetutamente Gioacchino. Il Trattato di Casalanza del 15 maggio 1815 **mette fine alle ambizioni di Gioacchino**, che tornò in Francia sperando di unirsi al condottiero fuggito dall’Elba. Tuttavia, il condottiero negò a Murat quest’ultima azione di riscatto.
**L’ex Re di Napoli**, constatata la sconfitta del condottiero, in agosto raggiunse la Corsica, dove pianificò un’azione militare per riconquistare il regno. Il 28 settembre partì da Ajaccio **con un piccolo esercito**, diretto a Salerno, ma una burrasca lo fece sbarcare a Pizzo l’8 ottobre. **Venne arrestato** e il re nominò un generale per giudicarlo, con l’intento di chiudere la questione in modo drammatico. **Il 13 ottobre, come già menzionato, Gioacchino fu fucilato** nel Castello di Pizzo, che oggi si può visitare, richiamando memorie significative della storia del Mezzogiorno d’Italia. Il generale che guidò il processo fu poi premiato dal monarca. Un figlio di Gioacchino fu successivamente nominato principe e ambasciatore.