Gioacchino Murat, re di Napoli fucilato a Pizzo 210 anni fa

A pochi passi da una suggestiva piazzetta che ogni estate si riempie di turisti e villeggianti desiderosi di degustare il rinomato “tartufo”, 210 anni fa venne fucilato Gioacchino Murat, Re delle Due Sicilie. Era il 13 ottobre del 1815 e su un piccolo piazzale del Castello di Pizzo il più intrepido generale di Napoleone Bonaparte veniva messo al muro, avendo nel tempo sposato Carolina, una delle sorelle del Corso, con cui ebbe quattro figli.
Gioacchino Murat era coraggioso, aitante, bello, fiero e credente: prima di affrontare il plotone d’esecuzione si confessò. Si racconta che le sue ultime parole, rivolte a quei soldati che dopo un processo tanto frettoloso quanto pilotato da Ferdinando di Borbone, erano pronti a premere il grilletto, furono: «Mirate al cuore, risparmiate il volto!». Murat affrontò la morte con grande dignità e non volle neanche farsi bendare. I suoi ultimi pensieri, espressi in una lettera scritta in francese, furono rivolti alla moglie e ai figli. La lapide marmorea, affissa sopra l’ingresso principale del Castello di Pizzo, reca un’iscrizione ben leggibile, datata 1900: «Alla memoria benedetta del re Gioacchino Murat, principe glorioso, ne la vita impavido davanti la morte, qui dove fu fucilato questa pietra riscatto di un giorno reso tristissimo dalla ferocia di un governo insano il Comune di Pizzo pose».
Gioacchino era nato nell’Occitania francese da una famiglia modesta: il padre era un locandiere. Grazie alla sua determinazione e alla fedeltà alla causa del Bonaparte, divenne Maresciallo dell’Impero e poi Re delle Due Sicilie quando nel 1808 Napoleone trasferì il proprio fratello Giuseppe sul trono di Spagna. Dimostrò capacità militari già durante l’epoca rivoluzionaria, quando nell’ottobre 1795, a Parigi, alla guida della cavalleria aiutò Napoleone a reprimere un forte rigurgito monarchico. Il Corso era stato scelto dal Barras quale comandante delle milizie parigine per tutelare la Convenzione Nazionale. In quasi tutte le grandi battaglie che portarono Napoleone a consolidare l’Impero, le cariche di cavalleria comandate da Gioacchino furono decisive, riuscendo a sfondare e terrorizzare le schiere nemiche. Ad Austerlitz, a Jena, a Eylau le sue folate di cavalleria divennero leggenda, nonostante i detrattori affermassero che avesse più coraggio temerario che capacità strategist. Non temeva di perdere la vita per la causa e per l’onore, ma non era uno stratega come il cognato.
Napoleone apprezzava il coraggio di Murat, benché alla fine di un’epoca gloriosa riscontrasse il tradimento motivato dalla volontà di difendere il Regno di Napoli. Gioacchino ebbe una gioventù travagliata e nella carriera militare, dopo una prima esperienza deludente, ripartì da soldato semplice nel 1791. Già due anni dopo comandava uno squadrone. Aveva idee rivoluzionarie con simpatie giacobine, ma venne ben presto attratto dall’ascesa di Napoleone, distinguendosi nella Campagna d’Italia alla guida della cavalleria. In Egitto fu nominato generale e uno dei protagonisti del Colpo di Stato del 18 brumaio 1799 che sancì il consolato per Napoleone e la fine del Direttorio. Intanto, sbocciò l’amore per Carolina, che divenne sua moglie all’inizio del 1800. L’ascesa di Murat camminò di pari passo con quella di Napoleone: maresciallo dell’Impero nel 1804, poi Granduca di Berg, infine Re di Napoli nel 1808.
Nella capitale partenopea (dove i Borbone erano caduti nel gennaio 1806 rifugiandosi in Sicilia sotto la protezione degli Inglesi), Gioacchino cercò i favori del popolo con provvedimenti per migliorare le sue condizioni economiche. Tra le sue iniziative primarie ci fu la costruzione di un esercito napoletano che reclutò anche tanti contadini, liberandoli dalla miseria. La sua governabilità fu influenzata dai princìpi rivoluzionari: contrasto al potere dei baroni, vendita delle proprietà fondiarie in mano agli ordini religiosi, realizzazione di infrastrutture, incentivazione delle iniziative industriali, liberalizzazione delle attività commerciali e radicali interventi urbanistici, partendo da Napoli. Dal punto di vista normativo, nel 1809 introdusse il Codice Napoleonico, che portò profondi mutamenti sociali, come nel diritto di famiglia. Anche da sovrano continuò a sostenere Napoleone nelle sue battaglie, compresa la Campagna di Russia. Nel 1813, dopo la sconfitta a Lipsia da parte delle truppe napoleoniche, si segnò una svolta.