Storia

Sondaggio: oltre il 60% dei romeni rimpiange Ceaușescu.

La maggior parte dei romeni, secondo un sondaggio, considera che l’epoca di Ceaușescu abbia visto una maggiore attenzione verso i cittadini e una cooperazione migliore tra di essi.

Il 66,2 per cento degli intervistati pensa che Ceaușescu sia stato un buon leader, mentre solo il 24,1 per cento ha un’opinione negativa.

Il regime comunista ha una buona reputazione nel sondaggio: il 55,8 per cento lo considera un bene per la Romania, contro il 34,5 per cento che la pensa diversamente.

Molti degli intervistati sono consapevoli della mancanza di libertà durante il comunismo: l’80 per cento afferma che non ce n’era, mentre il 9 per cento ritiene ci fosse di più.

I dati sono stati ottenuti attraverso interviste telefoniche a un campione di 1.505 persone maggiorenni.

Il regime di Ceaușescu, caratterizzato da repressione, è stato l’unico in Europa centrale a finire con violenza alla fine degli anni Ottanta.

Questo risultato è sorprendente per un Paese membro dell’Ue e della Nato. Molti in Romania attribuiscono la situazione alla memoria selettiva e a una nostalgia per tempi passati, recentemente riaccesa dalla propaganda russa.

Declino e caduta

Nicolae Ceaușescu ha guidato la Romania comunista dal 1965 fino al dicembre 1989, momento in cui il regime è stato rovesciato da una rivoluzione di dieci giorni, seguita dalla caduta del Muro di Berlino.

Erano gli ultimi mesi della Guerra Fredda, durante i quali i regimi comunisti stavano cambiando o crollando in diverse nazioni dell’Europa centrale e orientale.

Il 21 dicembre, dopo violente repressioni a Timisoara, Ceaușescu avrebbe dovuto rivolgersi a 100mila sostenitori a Bucarest. Ma, inaspettatamente, il sostegno si trasformò in fischi, poiché la gente era stanca di anni di miseria.

Le forze di repressione aprirono il fuoco sui manifestanti e, 24 ore dopo, Ceaușescu e sua moglie Elena fuggirono dalla capitale. Dopo aver cercato di scappare, furono catturati e giustiziati a Târgoviște, il 25 dicembre 1989.

Secondo le fonti ufficiali, un tribunale militare pronunciò la sentenza di morte dopo un rapido processo di un’ora, sotto gli ordini del Consiglio del fronte di salvezza nazionale, creato il 22 dicembre, un giorno dopo l’inizio dei disordini a Bucarest.

L’ammutinamento di Timișoara, la scintilla che ha acceso la fiamma

Il 16 dicembre 1989, la minoranza ungherese di Timișoara avviò una protesta contro il regime a causa delle misure repressive contro il pastore protestante László Tőkés.

Questa protesta divenne il catalizzatore di una vera e propria rivoluzione anticomunista, con i manifestanti che assaltarono la sede locale del partito comunista e distrussero simboli di Ceaușescu.

L’esercito e la polizia Securitate aprirono il fuoco sui manifestanti il 17 dicembre, causando decine di vittime, mentre la città si sollevava contro il regime. Tre giorni dopo, l’esercito si ritirò e la città si liberò dal comunismo.

L’eco della rivolta di Timișoara si diffuse in tutto il Paese, portando alla fine del regime.

La distopia della Sistematizzazione

Le cause della caduta del regime di Ceaușescu furono sia esterne che interne, come il declino della Guerra Fredda e le pesanti restrizioni comuniste.

Alla fine degli anni ’80, i romeni erano esausti da un decennio di misure economiche severe e repressione delle libertà, sostenutenute da un culto della personalità.

Nicolae Ceaușescu sfruttò il devastante terremoto del 1977 per avviare una nuova Romania ispirata a Mao Zedong e Kim Il Sung. Questa iniziativa, nota come Sistematizzazione, puntava a una pianificazione infrastrutturale distopica.

Interi villaggi furono distrutti – l’urbanistica di diverse regioni fu stravolta – e popolazioni sfollate per creare centri rurali e industriali seguendo modelli cinesi.

Il progetto di Ceaușescu si dimostrò economicamente insostenibile per un Paese impoverito e indebitato.

Ciò portò a un aumento dell’insoddisfazione popolare, e il regime cercò di controllare il malcontento crescendo la repressione contro ogni dissenso.

Dura repressione e distopia

Il regime esercitò un controllo rigoroso della società attraverso la Securitate, una polizia politica con una rete estesa di informatori.

Tutte le comunicazioni erano monitorate, e ogni macchina da scrivere era registrata dalle autorità.

La Securitate aveva licenza di torturare ed eliminare oppositori, anche all’estero. La persecuzione colpì artisti, intellettuali e minoranze etniche.

Il regime vietò contraccezione e aborto, non per motivi religiosi, ma per aumentare la demografia e mantenere forza lavoro. Le donne incinte erano sottoposte a stretti controlli.

Un dittatore dai mille volti

Nonostante tutto, Nicolae Ceaușescu godette di rispetto politico a livello internazionale fino agli anni Ottanta, considerato una voce autonoma nel Patto di Varsavia. La Romania di Ceaușescu fu l’unico Paese dell’alleanza a non inviare truppe in Cecoslovacchia durante la Primavera di Praga.

Dalla fine degli anni Sessanta, la Romania sviluppò una politica estera divergente dalle linee sovietiche, permettendo a Ceaușescu di stabilire relazioni sia con l’Occidente che con la Cina di Mao.

Il dittatore contribuì ai passi preliminari verso il riavvicinamento tra la Cina e gli Stati Uniti.

La politica estera consentì alla Romania di ottenere crediti esteri, diventando uno dei pochi Paesi socialisti retta dal Fmi negli anni Settanta. Nel 1974, il Paese firmò un trattato preferenziale con la Comunità Europea.

Lo shock petrolifero del 1972 fornì alla Romania un certo potere nei mercati internazionali, grazie alla sua produzione di petrolio e accordi preferenziali.

Negli anni ’70, ciò permise al regime di adottare politiche espansive, migliorando le condizioni di vita e dando accesso a consumi di massa.

Dall’inizio degli anni ’80, il calo dei prezzi del petrolio e scelte economiche sbagliate costrinsero a misure di austerità e cercando di estinguere il debito estero.

Questo portò a un declino della produttività e impoverimento, in un contesto di repressione politica, creando una situazione esplosiva che sfociò nella fine violenta del regime nel 1989.


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