Storia

Frantz Fanon: «La guerra prosegue»

È trascorso un secolo dalla nascita di Fanon in Martinica, eppure il suo pensiero continua a stimolare discussioni sulla decolonizzazione e i movimenti di liberazione, nonché a contestare le convenzioni del sapere psichiatrico. Le Black Panthers hanno adottato I dannati della terra come testo chiave nel loro percorso, portando avanti il dibattito sulla violenza razziale e le disuguaglianze. Il vocabolario elaborato da Fanon resta fondamentale per analizzare e trasformare le società colpite da una violenza sistematica, in un contesto in cui le patologie del riconoscimento e della cittadinanza rendono sfumati i confini tra vita e morte.

Il suo nome continua a risuonare in vari angoli del mondo, dal Brasile alla Palestina, passando per la Nuova Caledonia e Port-au-Prince. In queste realtà, la lotta per dignità e sovranità diventa parte integrante dell’esperienza degli oppressi. Recentemente, Fort-de-France e altre località martinicane hanno commemorato il pensatore che ha influenzato una generazione di poeti e intellettuali, mentre il territorio affronta tensioni politiche e sociali significative.

DOVE NASCE l’importanza del suo pensiero? Fanon ha catturato l’essenza del suo tempo attraverso un’immagine incisiva: «L’imperialismo…abbandona qui e là germi di putrefazione che dobbiamo riconoscere ed estirpare». Il suo lavoro rappresenta un impegno costante, sottolineando che il colonialismo è ben lontano dall’essere un capitolo chiuso. Dalla pubblicazione iniziale su Esprit nel 1951 a I dannati, ha perseguito un progetto coerente. Come medico e psichiatra, ha esplorato l’orrore della guerra e ha utilizzato la sua esperienza per porre domande radicali sull’alienazione razziale e coloniale, analizzando anche le tensioni tra i colonizzati che alimentano conflitti interni.

SENZA DIMENTICARE alcuna forma d’espressione, Fanon ha cercato di curare la storia stessa: «Ciò che era stato fatto a pezzi è dalle mie mani, liane intuitive, ricostruito». Le sue riflessioni sull’epistemologia dell’ignoranza, che riguarda il «patto razziale», sono alla base di una decostruzione preziosa. Il suo approccio, caratterizzato da uno stile indimenticabile, si propone di analizzare non solo le rappresentazioni dei colonizzati, ma anche lo sguardo con cui sono state realizzate. La colonia è prima di tutto un’enorme menzogna e un rinnegamento della verità.

La trama del suo pensiero è cruciale per smascherare le ipocrisie della psichiatria e le complicazioni della retorica umanitaria, che spesso restano in silenzio di fronte all’espropriazione della storia e alla negazione del futuro. Fanon, in tutte le sue opere, ha messo in luce i limiti del razzismo diagnostico presente nella psichiatria coloniale, un messaggio ancora attuale per affrontare la banalizzazione della violenza politica e le sue ripercussioni. Esplora la necessità di un approccio psichiatrico che non ignori la condizione degli oppressi, evitando di rispondere con pacificazioni superficiali.

Concludendo il suo lavoro più noto con osservazioni cliniche, Fanon ci ricorda che «la guerra continua, e dovremo ancora per anni medicare le piaghe infinite inflitte ai nostri popoli dall’onda colonialista».


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